Perché la presenza dei brand?

La presenza di loghi commerciali nei manga e negli anime è uno dei fattori principali che contribuiscono alla resa realista dei mondi rappresentati nella fiction, rendendoli pressoché identici alla realtà che il pubblico vive quotidianamente. Infatti, vedendo il personaggio dei fumetti indossare le Nike o bere una lattina di Coca-Cola, il fruitore non può far altro che immedesimarsi e proiettarsi nella storia, come se non ci fossero distinzioni tra il mondo della fiction e quello reale (facilitando la sospensione di incredulità). A ben riflettere i loghi commerciali sono presenti visivamente anche nei film e telefilm, dal momento che riprendendo la realtà essi finiscono per essere inglobati nelle riprese (a meno che il regista non voglia evitarli nascondendoli in tutti i modi, non senza difficoltà). Questo potrebbe essere uno spunto di riflessione per comprendere quanto i marchi hanno un peso nella nostra vita poiché ci circondano, o forse opprimono, in ogni dove.

Ciò che bisogna però evidenziare è che, a differenza del cinema e della televisione che riprendono il mondo reale, i manga e gli anime, che sono disegnati, non avrebbero quindi bisogno di inserire i brand. Il ricorrere ad essi, che presuppone uno stile di disegno abbastanza realistico perché bisogna tenere conto del font e del colore del marchio affinché sia identificabile, è solo un lavoro in più per il mangaka (l’autore di manga) nonché un possibile rallentamento nelle consegne. In altre parole il disegnatore, che sia per un manga o un anime, non avrebbe alcun bisogno di raffigurarli eppure ci sono. La motivazione principale è che così si instaura una simpatia e un’empatia col pubblico che si immedesima e si sente parte della vicenda narrata.

Il discorso sui marchi deve essere trattato in modo differente a seconda che si consideri il fumetto o l’anime e anche in base alla motivazione di fondo. Nella maggior parte dei casi, l’inserimento dei loghi non serve per ottenere o ringraziare la sponsorizzazione, ma ha una natura, oserei quasi dire innocente, o comunque sia no profit.

Nei manga l’uso dei brand, mi riferisco ad esempio al vestiario, è anche un modo per bilanciare visivamente le tavole. Una regola di composizione dei manga, che ripeto, sono in bianco e nero, è che la tavola nel suo complesso deve sembrare grigia (di qui anche l’importanza dei retini) e avere una scritta o una forma che decori e riempia gli spazi può sempre giovare. Sempre parlando di vestiti, l’uso dei loghi rende il personaggio che li indossa alla moda e attuale.

I disegnatori possono lasciare inalterato il marchio oppure lo possono modificare storpiando la scritta in virtù del copyright: pertanto Sony diventa Tony, Mc Donald diventa Wc Donald, Mizuno diventa Mizuyoro e così via.

Gli anime, d’altro canto, hanno necessità di una sponsorizzazione per coprire gli esosi costi di produzione, di certo non comparabili a quelli richiesti per editare fumetti. Gli anime infatti richiedono un maggior numero di lavoratori come disegnatori, animatori, regista, sceneggiatore, tecnico del suono, doppiatori e responsabili delle vendite  nonché i costi delle apparecchiature. Quindi i finanziamenti esterni sono di vitale importanza per una serie perché solo con essi questa può iniziare o continuare, senza contare che l’avere a disposizione un budget alto o basso influisce sulla qualità dell’animazione.

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I nomi dei partner sono elencati all’inizio di ogni episodio, dopo la sigla, preceduti dalla frase “Kono bangumi wa goran no suponsaa no teikyou de o okurishimasu…” che significa “Questo programma è offerto dai seguenti sponsor…”, formula, questa, ripetuta per tutte le serie.

Ma pensare che negli anime i marchi compaiano sono per una manciata di secondi ad inizio puntata sarebbe uno sbaglio. Essi, invece, compaiono qua e là durante tutta la serializzazione, inseriti, anche se non appartengono alle aziende sponsor, per gli stessi motivi elencati in precedenza in relazione ai manga.

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